Ciao ragazzi,
leggetevi questa bella notizia!
L'ex corridore austriaco Bernhard Kohl si confessa a 'L'Equipe', raccontando le dinamiche che lo hanno portato a utilizzare la pratica del doping fino al Tour de France dello scorso anno: "Molti di noi pensavano che l'Epo Cera non sarebbe mai stata rintracciata".
La lotta al doping ormai è una delle componenti del ciclismo contemporaneo, basata oggi sull’evoluzione della ricerca scientifica e su nuovi e sempre più precisi metodi di rilevazione per smascherare i tentativi di ottenere in modo illecito prestazioni sempre migliori. Per capire i meccanismi del doping nelle corse ciclistiche, però, riveste grande importanza anche la collaborazione di chi si è trovato coinvolto nel sistema illecito, specialmente quando chi è stato individuato (e squalificato) decide di raccontare come funzionava (e, forse, funziona) il giro di pratiche illecite nel ciclismo.
E’ questo il caso di Bernhard Kohl, ex corridore della Gerolsteiner, trovato positivo all’Epo Cera nel corso dell’ultimo Tour de France e ritiratosi dall’attività agonistica nello scorso mese di maggio dopo i due anni di squalifica inflitti dalla Federazione internazionale. In una lunga intervista a ‘L’Equipe’, l’austriaco racconta dettagliatamente le dinamiche del sistema che gli aveva permesso di utilizzare il sistema di doping e di mantenere nel contempo la speranza di restare immune a seguito dei controlli.
“Gran parte dei ciclisti – dichiara Kohl – era convinta che l’Epo Cera non sarebbe mai stata trovata nel corso dei controlli antidoping. Io l'ho avuta da un altro ciclista e me la sono iniettata da solo, tre giorni prima dell’inizio del Tour. Nella mia testa ero tranquillo. Invece, quando ho appreso che l'agenzia francese antidoping avrebbe proceduto a nuove analisi dopo il Tour, ho accusato il colpo”.
L’ex corridore austriaco è convinto che tanti altri ciclisti che hanno partecipato all’ultima Grande Boucle sarebbero potuto risultare positivi, tanto da aver azzardato la previsione che l’intera classifica del Tour 2008 avrebbe potuto essere stravolta: “Quando hanno proceduto a nuovi controlli ho pensato ‘Ok, sono morto, ma tutti saremo morti!’ Ero convinto che molti ciclisti sarebbero stati presi. Però mi sono detto che non tutto era perduto e che le autorità francesi non avrebbero mai osato annullare la classifica completa del Tour. E invece abbiamo pagato soltanto in tre. Ma a me resta la convinzione che i primi dieci della classifica avrebbero potuto essere positivi”.
Nell’intervista al periodico francese, Kohl racconta anche le tappe del suo avvicinamento al doping, caratterizzato dalla pratica dell’assunzione dell’Epo Cera ma, soprattutto, dalla quella dell'autoemostrasfusione: “Nell'agosto del 2007 – afferma l’austriaco – ho subito un primo prelievo di sangue destinato ad essere utilizzato per il Tour 2008. Poi un secondo a novembre, un litro per volta. Avevo quindi a disposizione due litri per il luglio 2008. Il mio sangue è stato preparato, i globuli separati dal plasma, codificati e congelati. L'autoemostrasfusione comunque è proseguita anche durante il Tour: io sparivo per venti minuti, non di più, nessuno notava niente. La prima trasfusione dopo la sesta tappa, la seconda prima dei Pirenei, l'ultima prima delle Alpi”.
Negli ultimi passaggi della confessione, Kohl ha ricordato quando ha iniziato questa pratica: “Ho cominciato nel 2005, con il laboratorio austriaco Humanplasma. Ho fatto il Tour del 2007 senza veramente beneficiare di un protocollo dopante di alto livello, mentre per quello del 2008 è stato deciso che avrei meritato il top del top. Con una vera pianificazione: avevo a disposizione 4 sacche di sangue da 0,5 litri ognuna, niente altro. C'erano troppi controlli a sorpresa e non potevamo assumere testosterone, a parte della caffeina, pseudo-efedrina, analgesici. L'epo, l'insulina, ne prendevo prima, non durante”.